23/04/2013
...l'ho ascoltato!
Questo CD l'ho sentito per la prima volta senza conoscere i titoli delle tracce, con una vaga idea della sua genesi, ma conoscendo Davide da molto tempo.
Ora che l'ho qui, in mano, nella versione definitiva con delle splendide immagini d'Islanda in copertina (né taroccate né trifolate con Photoshop!), con i titoli e tutto, mi viene voglia di
lasciare titoli e informazioni da parte e farne un analisi strettamente emotiva, non so quanto attendibile da parte dei critici veri, ma usando gli unici strumenti che la natura mi ha fornito:
cuore e orecchie.
Primo: la cosa che immediatamente colpisce è la qualità della registrazione e del suono. Pochi album per chitarra sola pubblicati in Italia possono vantare un livello così alto. Giù il cappello
di fronte all'amico Davide Donvito di MagmaStudio che ha curato il mix. La Larrivée di Sgorlon scintilla e compone cascate di note che sembrano stelle cadenti in una notte limpidissima. Poi
quando il suono si apre in panorami intensi ed emozionanti lasciando il posto all' oud o alla baritona, c'è veramente da rimanere ad orecchie spalancate per godicchiare come rondoni in cielo in
una bella giornata.
Davide usa la materia sonora per comporre oggetti che non sviluppa ma che ci mostra da ogni lato scoprendocene nuovi dettagli a poco a poco nel corso del brano. Spesso pare di correre lungo una
strada fiancheggiata da una lunga serie di colline e la musica le racconta trascendendo gli schemi tradizionali o convenzionali della composizione. Sai da dove parti, ma il punto di arrivo è
quasi sempre una scoperta; Davide non è un "melodista" ma, come nella Musica Contemporanea (quella con le maiuscole) quasi maschera la ricerca armonica, raffinatissima, dietro temi solo
apparentemente melodici. Apparentemente, perché i temi non hanno sviluppo scolastico, ma si susseguono uno dentro e dietro l'altro in un "morphing" straniante.
Siamo alla traccia... vabbé non guardo. E qui il nostro, spiace dirlo, vince facile. Certo che con un batterista come il "magno" Enzo Zirilli vai dove vuoi: è un quattro motrici che ti porta
dapertutto. E Giorgio Li Calzi? Un musicista straordinario, che con il suo pc portatile inventa atmosfere elettroniche di rara bellezza, e quando soffia nel flicorno con sordina fa venire brividi
che non ricordavo da Miles Davis. Non esagero. Sentire Giorgio in concerto dal vivo e poi parlare!
Bisogna avanzare alla traccia successiva per ritrovare la chitarra in solo. E le sorprese non finiscono perché nelle ultime tracce la materia sonora riceve un trattamento davvero singolare: viene
spezzata, accartocciata, rispiegata, colorata e ricolorata. Musica "Eraclitea" la definirei: tutto scorre. A Gian Battista Vico, quello dei corsi e ricorsi storici, non sarebbe piaciuto questo
CD: mai un ritornello, un "bridge", una strofe o un'antìstrofe... Ultima traccia: linee musicali che si sommano, si scontrano, si allontanano e si riavvicinano per perdersi alla fine in un
iperuranio dove la consonanza non è più dogma, ma autonoma scelta o casualità.
"Crossover", il primo CD per chitarra acustica di Davide Sgorlon, lo distribuisce Fingerpicking.net. Io direi di non perdervelo.
Un Paese a Sei Corde
MINOR 7th
September/October 2013
Davide Sgorlon's "Crossover" is a truly remarkable collection of contemporary acoustic guitar compositions. Although this is Sgorlon's first offering, the guitarist has written music for
various plays, documentaries and films, as well as performing at festivals throughout Italy and Spain. There is a cinematic quality to Sgorlon's music taking the listener on introspective and
expansive musical sojourns. He is a true multi-instrumentalist playing acoustic and baritone guitars, mandolin, oud, and fretless bass throughout the release. The guitarist also effectively uses
electronic effects and innovative techniques to create and perform his beautifully conceived compositions. While Sgorlon is an extremely virtuosic guitarist, he never lets his immense musical
talent get in the way of his sonorous creations. On the opening "Velocity" lush arpeggiated chords are followed by cascading two handed tapping motifs, setting the stage for a recording that
never lets up on melodic, musical, and inventive playing. "Diaz 2001 Don't Forget" begins with percussive tapping flanked by flawlessly executed "hammer ons" and ends with Middle Eastern sounding
overtures played on the oud. His pensive and reflective reading of Deep Purple's bittersweet anthem "Sometimes I feel like Screaming" is a true standout in an album of many standouts. On "First
Run" Sgorlon creates beautifully conceived legato lines flowing seamlessly into circular tapping ideas, followed by intricate melodic finger-style chord playing. Imagine taking the creative
essence of Michael Hedges, Adrian Legg, and Ralph Towner and fusing them into a unique and innovative voice. Then one would come close to the magical and alluring style of Davide Sgorlon. On the
title track "Crossover" the leader is joined by Giorgio Li Calzi on synth and flugelhorn and Enzo Zirilli on drums and percussion. Together the ensemble weaves intricate and expressive thematic
imagery, into a rich cohesive musical montage. The album is pristinely recorded capturing every nuance of the guitarist's extraordinary playing. "Crossover" is a triumphant premiere recording.
This is twenty-first century contemporary music done at the very highest level imaginable and is highly recommended for all listeners of acoustic music.
© James Scott / Minor 7th
www.minor7th.com
...mi piace il suo modo di interpretare delle linee ritmiche complicatissime e l'uso estremamente efficace che fa dell'elettronica. Riesce ad evocare luoghi e spazi con una facilità disarmante,secondo me è un gran bel disco e poi ci suona pure quel genio di Enzo Zirilli in una chiave mai ascoltata prima, accattatavill pecchè merita.
Con questo ultimo lavoro Davide Sgorlon si libera definitivamente dell'etichetta di "chitarrista" dimostrando di aver raggiunto una maturità compositiva che fa di Lui un ""autore" di primissimo piano. I brani che compongono questo disco sono innanzitutto "colti", pieni di citazioni che vanno dal Raga indiano alla Chalga arabo/andalusa, passando dalla musica Celtica e con episodi di puro Rock. le esecuzioni sono essenziali, senza una sola nota, un solo appoggio di chitarra di troppo o fuori luogo, ma non per questo prive di sorprese; ad ogni ascolto si scopre qualcosa di nuovo. Sorprendente, per esempio, l'arrangiamento di Sometimes I Feel Like Screaming, dei Deep Purple, mentre è davvero stupenda la title track "Crossover"... Un consiglio; se pensate di saper suonare la chitarra, NON ascoltate questo disco...
FINGERCOOKING
L'altra sera, come vi avevo anticipato, sono andato a sentire il concerto di Davide Sgorlon presso il "Cortile della Farmacia" all’interno del Museo Regionale di Scienze Naturali.
Il concerto è stato bellissimo ed abbastanza sconvolgente, in quanto parecchio al di fuori dei canoni di quello che ci si può immaginare da un concerto di chitarra acustica.
Davide ha suonato ininterrottamente per quasi due ore, con una tecnica eccellente che fa sovente ricorso al tapping a due mani e ad altre tecniche "non convenzionali", con una scioltezza ed una
padronanza notevoli. Grazie ad un uso intensivo di un looper, crea tappeti armonici di grande effetto su cui ricama melodie affascinanti, ricorrendo anche ad effetti d'ambiente, e-bow e
l'inserimento tra le corde della chitarra di materiale vario.
Il risultato complessivo è una ricercatissima "music for ambient" che si integra perfettamente con le immagini proiettate su un gigantesco schermo alle sue spalle. A un certo punto mi sono reso
conto che il vero centro dello spettacolo erano proprio queste stupende immagini (tratte da Home, un videodocumentario ambientalista
di Yann Arthus-Bertrand e Luc Besson) a cui la chitarra fornisce una colonna sonora a volte delicata e sognante (quando le immaggini ritraggono stupendi paesaggi naturali) e volte
martellante e ossessivamente ripetitiva (sulle immagini delle devastazioni umane). L'impegno del chitarrista torinese, che da anni si è specializzato nella composizione ed esecuzione di musica
per spettacoli teatrali, colonne sonore di documentari, cortometraggi e video didattici, traspare anche solo dal titolo di un brano: "Diaz 2001 don't forget".
Vi allego alcuni video catturati con il mio Q3: i primi due, più acustici, sono il primo pezzo ed il bis della serata, gli altri invece danno più un'idea della particolare atmosfera creatasi
durante il concerto.
Beppe Ferra
MARCELLO
MILANESE scrive
Youtube
ha fatto la fortuna di molti chitarristi fingerpicking, (vedi Andy
McKee) ma può essere un'arma a doppio taglio: il modo di suonare di
Sgorlon, con le mani che saltano attorno al manico, l'uso degli
armonici strappati dove altri non li trovano, e il tapping
estrapolato dalla consueta componente elettrica.... potrebbero trarre
in errore chi va a sentirlo aspettandosi uno spettacolo circense.
Invece il circo non c'è e lo si scopre presto, per fortuna: la
tranquillità e la fisicità di Sgorlon e, principalmente, la Musica,
mettono la tecnica in secondo piano. Non sono fiere, domatori e
pagliacci che appaiono come fantasmi sul palco, sono viaggiatori su
vecchie moto lanciate su sterrati tra le montagne, sono scalatori
male in arnese con gli sci di legno e gli occhialoni, sono appunti a
mano e disegni di animali sconosciuti vergati su pergamena sotto
tende da spedizione, sono posti meravigliosi visti da diverse
prospettive, sono paesaggi da sogno sui quali poter volare e nei
quali poter cadere.
Sgorlon
è più Salgari che Saint Exupery, è un commentatore dell'avventura,
essendo la sua musica stessa avventurosa: in brani come “Time”
dove il ticchettio dell'orologio segna l'inizio delle danze,
l'orologio si scioglie come in un quadro di Dalì e il Tempo cambia
direzione, cominciando il viaggio nello spazio che può portare
l'ascoltatore dove vuole.
Nell'ascolto
della musica strumentale e in particolare della chitarra acustica è
normale visualizzare un Piero Angela che ci spiega dell'accoppiamento
dei lamantini, ma con Sgorlon non è così: lui ci racconta di posti
dove non siamo mai stati e ci indica la strada, senza nessuna enfasi,
seguendoci come uno sherpa silenzioso che ignora la nostra lingua,
solo perché l'avventura è nostra e lui semplicemente ci accompagna.
Il cielo non è limpido, anzi pieno di nuvole che preannunciano
tempesta, vento, e forse dovremo cambiare sentiero e trovare, dietro
un altro accordo, uno scorcio di valle che toglie il fiato.
MARCELLO MILANESE
UN PAESE A SEI CORDE scrive
Davide & Stefano. e noi sull'orlo del vulcano.
24 maggio 2014
Insieme i due sono veramente impressionanti: non è una questione di volume, di tecnica, di numeri da circo sulle chitarre, no. E' una questione squisitamente MUSICALE.
Davide, come già detto in tempi non sospetti, crea paesaggi sonori e linee musicali che quasi seguono con un dito uno skyline immaginario (ma fino a che punto?), un orizzonte contemplato,
descritto in dettaglio, un movimento impercettibile, uno sguardo. E le sue ultime composizioni testimoniano un'affinamento ulteriore su questa strada.
Il magno Stefano invece delimita il territorio sonoro con suoni/frasi/oggetti dal sapore cementizio. Li definisce, li trasporta, li posiziona accuratamente per creare architetture solide,
pesanti, ma perfettamente modulari, riciclabili per definire sempre nuove topografie sonore. Un Lego fatto di musica.
Ma pensate: quale potrebbe essere la sommatoria di due linee musicali così apparentemente distanti. Pensato? Lasciate perdere, non lo si immagina.
Prima del concerto Davide mi annuncia che dopo il suo set suoneranno insieme, che non si sono messi d'accordo neppure sulla tonalità, che non ha idea di niente. Bene, penso io, o fanno
una solenne cagata o ci sarà da godere. La seconda che ho detto.
Cari lettori, io sono rimasto ipnotizzato. Mi sono sentito portare in una dimensione sonora che dal vivo ho vissuto raramente: 35 minuti di vita in universi paralleli. Note lunghissime,
eterne, ritmi quasi sottintesi, una formidabile sintesi di stili differenti, di musicisti che si sono lasciati portare dall'ispirazione verso terre assolutamente poco frequentate.
Facciamo un gioco: descriviamo quell'improvvisazione con la lingua dei sommelier.
Aspetto: molta elettronica (tanta davvero ma usata bene), una Larrivee tenuta come reliquia ed una Martin che sembra uscita da una rivolta di piazza.
Colore: tutti
In primo assaggio sentori di minimalismo, con tracce di Brian Eno e Arvo Paart. Poi scendendo su lingua e palato, palate di serialità e badilate di fremiti dalle sonorità quasi (ma molto
"quasi") rock. E poi: aromi naturali, con sentori di influenze (quanto consce?) da Nono, Varese e musica orientale tradizionale. Urca.
Poi il palco è tutto per Stefano, i giochi sono ancora tutti da ridefinire. E Stefano, nobile architetto, rimette demiurgicamente ordine in quel maelstrom che lui stesso ha contribuito a creare. Quindi, spietatamente kantiano, ricostruisce per noi un solido universo attraversato da passioni ed emozioni, ma intellegibile, misurabile, conoscibile, dove tutto ciò che è reale è razionale, ecc.
Un ottimo concerto, una lezione di musica contemporanea: questa è musica del XXI secolo, signori miei. Peccato che i soloni da Conservatorio non fossero tra il pubblico, avrebbero avuto
qualcosa da imparare.
PS Io lo so che Stefano e Davide, dopo aver letto questa mia, domanderanno: ma questo dove le ha sentite tutte 'ste robe nella nostra musica? C'erano, c'erano…
E' la squisitezza armonica di un'architettura testuale, a portarmi a riascoltarla, ancora una volta, quella canzone, svelando sfumature sempre nuove.
Spesso laddove le parole mancano mi è più difficile capire che cosa mi attiri, forse perché il tecnicismo musicale non mi appartiene, e il mio giudizio sarebbe unicamente emotivo, profano.
Ed è proprio per questo che sento la necessità di capire il perché senta il bisogno fisico, viscerale, di ascoltare ripetutamente questo cd.
Di che cd sto parlando? Crossover del chitarrista, ma tale definizione risulterebbe alquanto riduttiva, Davide Sgorlon. Scoperto inaspettatamente all'Acoustic Franciacorta 2014, ho avuto il piacere di ascoltare le sue dita pizzicare le corde della sua chitarra acustica. Non lo conoscevo, ero scevra da qualsiasi giudizio preconfezionato, anzi, a malapena ne ricordavo il nome, se non per quel tocco di nord-est al quale rimandava.
Non nascondo l'iniziale difficoltà che ho provato ad abbandonarmi alle note, a lasciarmi scuotere dalla garbata prepotenza della sua chitarra, non solo imbracciata, ma abbracciata e a quel fiume che ha cominciato a defluirmi in corpo, risalendo ogni parte di me.
Non riuscivo a non guardarlo mentre tutto il suo corpo intrecciava una danza con la chitarra, in un vano tentativo di domare quello strumento che, come una cascata, era implacabile. Una danza sì, tra lui e le sue sei corde, in cui non sempre era lui a condurre, anzi, a volte pareva proprio che fosse lei, la sua Larrivée, a partorire quelle atmosfere selvagge, intense, e così intime.
Sì, se dovessi utilizzare un aggettivo per definire il suo tocco sarebbe ruvido, selvaggio e impetuoso o ancora inaspettato e indomabile, in grado di elevarci verso una dimensione puramente nostra, passando dalla delicatezza disarmante di “Last night in Budapest” all'inquietudine di “Diaz 2001-Don't forget”.
Crossover, che da' il titolo all'album è, anche dopo molti ascolti, ancora poco decifrabile. E' un'esperienza sensoriale, fisica, che all'inizio è un cammino su un sentiero impervio, ripido, arido. Poi, un attimo dopo, troviamo tempesta, agitazione, una furiosa pioggia che si abbatte sulle onde di un mare agitato. Lo scenario cambia, ancora, e questa volta ci spingiamo verso paesaggi solitari, orfani di presenza umana, intrisi di quell'odore di incontaminato. Lo si respira nel vento, quell'odore.
Con la sua malinconia avvolgente, è Sometimes I feel like screaming, che mi cattura più di tutte. Cover dell'omonimo brano dei Deep Purple, se ne può apprezzare l'originalità, e di certo brilla di luce propria. Priva di qualsiasi arabesco virtuosismo, è una sensazione, un ritorno verso qualcosa che abbiamo già vissuto e che vogliamo rivivere. E' un ricordo, re-cordis, un riportare al cuore.
Ogni traccia è una scoperta, ed il cd di Davide è proprio così, un incontro imprevisto al quale però non riesci, e non vuoi, più rinunciare, perché ogni ascolto va a sovrapporsi alla mutevole accordatura del nostro animo, e ogni volta è un viaggio nuovo, denso di nuovi dettagli e nuove sensazioni. Impressioni ed espressioni che, come in un ciclo, trovano nutrimento l'una nell'altra.
E' la magia di una continua improvvisazione, da sperimentare, in solitaria.
Buon ascolto...
Federica Capuzzi